Pubblicato in: Comunicazione e Società, Scienza, Medicina e dintorni

Giovani e salute: Comunicare per immagini

Progetto Flavia 9 (1) (2) Per visualizzare la brochure o volantino pieghevole a tre ante, clicca qui sopra!

Durante gli studi presso La Sapienza ho avuto modo di sviluppare la simulazione di un progetto grafico inerente la comunicazione visiva nella prevenzione dell’HPV di tipo 16-18, il temuto Papilloma virus, responsabile del tumore alla cervice uterina nelle donne, il link permette la visualizzazione del progetto, una brochure rivolta ad un target giovane e femminile per spiegare in parole semplici, cosa sia il virus e cosa si può fare a livello preventivo!

Ho trovato questa esercitazione molto divertente e quindi ho deciso di pubblicarLa sul mio sito!

Sull’argomento vaccinazioni e HPV :puoi leggere il mio articolo a pag.10 del n.31 della Rivista Scienze e Ricerche

Vaccinarsi contro il tumore

LA VACCINAZIONE, PRATICA DIFFUSA SIN DAL SECOLO SCORSO, HA DEBELLATO NEL CORSO DEL TEMPO, MOLTE MALATTIE INFETTIVE PERICOLOSE PER L’ESSERE UMANO. GLI ULTIMI SVILUPPI DELLA TECNOLOGIA MEDICA E CELLULARE SONO GIUNTI ALLA PREVENZIONE DEL CANCRO CAUSATO DAL VIRUS DEL PAPILLOMA UMANO, ATTRAVERSO L’IMMUNIZZAZIONE TRAMITE VACCINO. (VLPS)

Già nel lontano V sec. a.c. Tucidide descriveva gli effetti di un epidemia infettiva, la peste, che colpiva Atene nel 430 a.c. circa, osservando in occasizione dell’evento che “Il male non colpisce mai due volte: o almeno, l’eventuale ricaduta non è mai letale”. In questa semplice affermazione, lo storico esplicitava l’effetto dell’immunizzazione dopo aver contratto il virus, evidenziando che l’organismo umano che aveva in sè il patogeno era in grado, in alcuni casi, di combatterlo autonomamente e diventava immune allo stesso.

La letteratura antica greca e romana del I sec. d.c., attraverso le opere dello scrittore romano Celso, descriveva l’infezione da Papilloma Virus,causa di lesioni in soggetti omosessuali o con abitudini sessuali promiscue.

L’HPV era una malattia infettiva, sessualmente trasmissibile, e prematuri erano i tempi per determinare che si trattasse anche di un agente patogeno infettivo in grado di causare il cancro nelle vie genitali dell’essere umano.

Un momento storico decisivo nella storia dei vaccini fu la scoperta di un medico inglese a Berkley, Edward Jenner: nel 1796, lo studioso inoculò su James Phipps, un bambino di otto anno sano, il virus del vaiolo e scoprì che il contatto con l’agente patogeno poteva rendere il soggetto immune dal contagio. Le sue osservazioni empiriche iniziarono dall’immunità naturale che mostravano i mungitori di vacche affette da malattia con pustole; questi ultimi, infatti, non erano colpiti dal virus e gli resistevano; tale pratica scoperta dal medico inglese, consisteva nell’utilizzare la virulenza del patogeno per sviluppare l’immunità.

L’era dei vaccini ebbe inizio nella metà del ventesimo secolo, nel corso di un periodo in cui alcune malattie infettive erano portartrici di morte e disabilità in un’ampissima parte della popolazione mondiale.

Il vaiolo, il morbillo, la poliomenite erano infezioni letali. Nel millenovecento si contavano circa 400 milioni di decessi causati dal virus del vaiolo in tutto il mondo; solo a partire dagli anni settanta dello scorso secolo avvenne lo sradicamento di questo patogeno, grazie all’introduzione della vaccinazione di massa ad opera dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Questa pratica clinica, ad esempio, permetteva nell’arco temporale di un decennio, la scomparsa nella popolazione, delle epidemie da vaiolo in Occidente. Il virus del Papilloma umano, invece, dovrà attendere ancora molto tempo per essere perfettamente identificato dagli scienziati; l’HPV non era oggetto di studi di oncologia virale poiché non era coltivabile in vitro e si replicava soltanto in cellule differenziate.

A partire dalla seconda metà del millenovecento però, le scoperte della biologia molecolare in campo scientifico e medico, ampliarono notevolemente la possibilità di esplorare le cellule epiteliali colpite da lesioni cancerose, nella mucosa della cervice uterina.
Questi trionfi della medicina hanno cambiato l’aspettativa di vita della popolazione mondiale e i successivi sviluppi della tecnologia in microbiologia nel proseguo degli anni, hanno incoraggiato l’opinione pubblica e la massa a nutrire ottimimistiche speranze nelle capacità preventive della scienza biologica e medica.

Sin dagli anni ’70 del secolo scorso il medico tedesco H. Zur Hausen concentrava i suoi studi scientifici sull’ipotesi di una correlazione diretta tra virus del Papilloma Umano e l’insorgenza di lesioni neoplastiche alla cervice dell’utero nella donna. I suoi progressi scientifici permettevano di stabilire un nesso di causalità tra i tipi 16 e 18 del virus e il cancro della cervice uterina; in alcuni casi si rilevava la presenza di genoma nelle cellule neoplastiche integrate in cromosomi.

A partire dal 2006 iniziava la produzione di un vaccino ad hoc per la prevenzione del tumore al collo dell’utero, costituito da particelle simili al virus, commercializzato in Italia già dall’anno successivo.

Nel 2008 lo studioso tedesco veniva insignito del premio Nobel per la medicina e la fisiologia, grazie a questa innovativa scoperta. La classe del Papilloma Virus ad alto potere oncogeno (circa 30 ceppi) possedeva la capacità di trasformare le cellule sane in tumorali, si scopriva l’esistenza di circa 200 tipi di virus, ognuno dei quali veniva identificato con un numero; il 70% dei tumori alla cervice uterina erano attribuibili ai tipi 16 e 18; i tipi 6 e 11 erano responsabili del 90% di condilomi e verruche dell’apparato genitale.

Il virus non poteva essere combattuto da nessun farmaco, per questo necessitava di una robusta strategia preventiva, applicabile tramite la pratica clinica della vaccinazione; si svilupparono dunque vaccini a sub-unità, senza la presenza di patogeni vivi, da somministrare in 3 dosi nel corso di un anno.

L’American Cancer Society college of Obstretician and Ginecologist US Prevention Task force raccomandava l’inizio del papanicolaus test (pap-test) a partire dai 3 anni successivi dall’inizio dell’attività sessuale e comunque dopo i i 21 anni.

L’esame citologico del suddetto test era estremamente importante per identificare precocemente le lesioni precancerose e la presenza di infezione da HPV ad alto rischio oncogeno nelle giovani donne, una corretta prevenzione si attuava con il pap test da effettuare ogni triennio.

La ricerca sui vaccini anti HPV consisteva nello sviluppare preparazioni con proteine strutturali capsidiche L1 ed L2. Il genoma del virus era infatti circondato da un guscio proteico, il capside, composto da circa trecentosessanta copie di un proteina L1 e da dodici copie di proteina L2; la struttura del capside si presentava modulare, con capsomeri che si ripetevano; le proteine L1 ed L2 si autoassemblavano per formare il capside, con una forma di icosaedro, dunque il genoma era una singola molecola di dna circolare a doppia elica divisa in 6 geni E ( early )per la promozione della replicazione cellulare, e due geni L (late) che codificavano per due proteine strutturali L1 e L2.

L’oncoproteina E 6 del capside virale del papilloma virus di tipo 18 era la responsabile, insieme ad E 7, dell’induzione in trasformazione cellulare maligna e del conseguente cancro alla cervice uterina.

In seguito all’interazione di E6 con P53 (antigene tumorale, fattore di trascrizione che regola il ciclo cellulare con funzione di soppressione tumorale) quest’ultima veniva inibita, (E7 interagiva con Prb) provocando la perdita di controllo del ciclo celluare e apoptosi con successiva trasformazione neoplastica.

La proteina oncogena E 6 nell’HPv ad alto rischio alterava la crescita cellulare tramite i suoi effetti sulla proteina P 53. La ricerca sui vaccini si concentrava sulla preparazione con proteine strutturali L1 ed L2 per determinare la produzione di anticorpi che bloccassero l’infezione virale e l’ingresso del virus nel tratto genitale.

Gli orientamenti clinici erano basati sulla valutazione dell’efficacia dei vaccini cosituiti da Virus Like Particles (VLPS),i quali agivano con l’iperespressione di una sola proteina L1 oppure in co- espressione di L1 e L2. Gli HPV -VPLS avevano la capacità di minare la struttura morfologica dei virioni dell’infezione, provocando una risposta immunitaria con alti livelli di anticorpi neutralizzanti.

Ciò perché gli HPV-VPLS non essendo costruiti con DNA virale non avevano proprietà infettive, né oncogene. Questa tipologia di vaccino era stata studiata sui virus del papilloma orale canino, del coniglio e bovino. Infatti le VLPS L1 si dimostrarono potenti immunogeni per la protezione da infezione virale e conseguenti lesioni.

Si approfondirono anche le reazioni sulle scimmie Rhesus dopo la somministrazione per via intramuscolare di HPV 11 VLPS in aggiunta ad una sostanza adiuvante. L’effetto consisteva in una maggiore produzione di immunoglobuline.

Negli esseri umani i vaccini approvati dalla Food and Drug Administration sono stati Gardasil (prodotto da Merck and co. per la prevenzione di lesione precancerose nei tratti genitali femminili e maschili nei giovani di età dai 9 ai 26 anni causati da HpV di tipi 16 e 18, 6 e 11) nonchè Cervarix (della Glaxosmithkline vaccino bivalente contro i tipi 16 e 18); gli scienziati del National Institute Cancer americano avevano sviluppato in parte, insieme alle due case farmaceutiche, le tecnologie su cui si basavano i sopracitati vaccini.

Il cancro alla cervice uterina rimaneva comunque un nemico temibile; infatti il 30% dei tumori al collo dell’utero non risultava sensibile a quest’ultime immunizzazioni.

Dopo la commercializzazione, l’Advisory committee on immunization pratices (ACIP) negli Stati Uniti raccomandava una serie di indicazioni da seguire per queste due vaccinazioni: a quale età andavano somministrate (dagli undici anni in su, sia maschi che femmine); quali dosi andavano utilizzate e in quale arco temporale; in quali circostanze cliniche non andasse prescritto. Ogni stato americano aveva facoltà di decidere se rendere disponibile o meno la vaccinazione contro l’HPV per i propri ragazzi. I dati del sito Center for disease and control prevention americano riportavano che tra l’elenco delle scuole di ogni ordine e grado degli Stati del Nord america; fin dall’anno 2008 in alcune scuole medie superiori della Colombia, dell’Indiana e della Virginia, era stato distribuito alle ragazze materiale informativo sulla prevenzione dell’HPV.

Il “Journal of Communiy Health”, ultimamente, riportava che nell’anno duemilatredici l’adesione a queste vaccinazioni risultava essere molto bassa tra i giovani, soprattutto in relazione alle classiche pratiche di immunizzazione raccomandate dall’Advisory committe on immunization pratices ( tetano e difteria,meningococco, influenza).

Soltanto poco più della metà delle ragazze tra i 13 e i 17 anni avevano ricevuto l’ultima dose di vaccino contro l’HPV, nei maschi della medesima età il numero delle dosi somministrate scendeva ancora di più. Per gli altri vaccini invece si raggiungeva la quasi totalità delle relative somministrazioni.

Per aumentare l’adesione alla prevenzione del cancro alla cervice uterina e alle zone genitali, una soluzione poteva essere introdurre la pratica clinica stessa all’interno delle scuole. L’età della vaccinazione( dai 9 anni in su) permetteva di avere potenzialmente una risposta più ampia, dato che tutti i giovani di quell’età frequentavano il ciclo scolastico d’obbligo.

La principale preoccupazione era convincere i genitori dei ragazzi a vaccinarsi; infatti, trattandosi di minorenni, la scelta sull’adesione, ricadeva necessariamente su di essi. L’evidenza scientifica risultante dall’indagine effettuata nel Richmond country (Georgia) da L. Gargano dimostrava una bassa sensibilità sull’argomento HPV, da parte dei genitori di alcune scuole elementari e medie prese in considerazione per lo studio condotto.

Il protocollo di studio era stato approvato dall’Emory Institutional review board e voleva conoscere quali fattori psicosociali e demografici influenzassero l’adesione o meno dei genitori dei ragazzi in età da vaccinazione nelle scuole.

Lo sviluppo del questionario che era stato loro somministrato, si basava sulla teoria dell’Health Belief Model (cfr. Becker, 1974, relazione tra prevenzione della salute e grado di minaccia percepita) e intendeva rilevare la percezione, da parte dei genitori dei figli arruolati nello studio, della malattia HPV e le sue conseguenze, gli ostacoli e i benefici alla vaccinazione contro il Virus del Papilloma Umano. Inoltre erano stati attivati nelle scuole medie brevi corsi sul suddetto virus condotti da insegnanti di scienze per i ragazzi e le ragazze. L’invito a partecipare con la compilazione di un questionario, sia on line che telefonico, diede tali risultati: soltanto il 10% dei questionari per i genitori ritornò completamente compilato. Risultava necessaria una maggiore e più incisiva campagna di sensibilizzazione affinchè il pericolo connesso all’infezione da HPV fosse compreso da tutti. Il medico Douglas R. Lowy, a capo del laboratorio di oncologia cellulare presso il National Institute of Cancer degli Stati Uniti, in merito ai due vaccini sopracitati, (Cervarix e Gardasil), affermava che “…dopo il monitoraggio sulla sicurezza dei due vaccini, prima della licenza di commercializzazione, entrambi si sono dimostrati efficaci e sicuri, al pari di tanti altri tipi di vaccini. Essi sono stati usati da milioni di persone negli Stati Uniti e in altri paesi, i problemi più comuni riscontrati sono stati brevi dolori nel sito dell’iniezione. Si sono verificate rare reazioni allergiche. Ci sono state le stesse problematiche comuni ad altre vaccinazioni. I vaccini contro l’HPV non sono stati sufficientemente testati durante il periodo di gravidanza della donna e non dovranno essere somministrati a donne incinte.”
Il “New England Medicine Journal” recentemente riportava che la Merck e co., azienda farmaceutica americana, stava sviluppando una seconda generazione di vaccini contro l’HPV ad alto rischio oncogeno, al fine di offrire una maggiore protezione rispetto al quadrivalente già in commercio (Gardasil, contro l’HPV di tipo 16-18-6-11). Il nuovo vaccino sperimentale era nonavalente, ovvero adatto a prevenire ben nove tipi di infezione virale ( i tipi 31-33-45-52-58 di Papilloma Virus, più i tipi 6-11-16-18). I risultati degli studi clinici ( fase III-IV) riportavano che la protezione da cancro alle vie genitali saliva fino al 97%, considerando che venivano prese in considerazione più tipologie di virus ( contro il 70% del quadrivalente Gardasil). La Food and Drug Administration stava valutando la possibilità di rendere disponibile nel mercato farmaceutico o meno, il nuovo vaccino nonavalente.

Recentemente la ricerca clinica per combattere il tumore nei tratti genitali femminili, si sta orientando anche verso la sperimentazione di vaccini terapeutici, per superare la fase di prevenzione e sperimentare una cura degli individui già affetti e colpiti da lesioni precancerose da Virus del Papilloma Umano di tipo 16.

I ricercatori dell’Arkansas Cancer Research Center University stanno valutando di studiare l’effetto di un vaccino per la regressione delle neoplasie, lesioni intraepiteliali delle cellule nella cervice uterina. Il nuovo vaccino si basa su un frammento sintetico delle proteina E 6 del virus e di un estratto di lievito (Candin) per attivare un’efficace risposta immunitaria che faccia regredire l’avanzamento del tumore.

Gli studi clinici sono nella fase iniziale (fase 1) e i risultati saranno completi alla fine del 2015; ancora ci vorrà del tempo per poter eventualmente affermare l’esistenza di un vaccino, capace di curare ed eliminare il cancro.

Bibliografia e webgrafia.
1. Lisa M. Gargano et all. “ La vaccinazione clinica per gli adolescenti nella scuola in relazione all’approvazione dei genitori” trad.mia (originale dall’inglese: “School located Vaccination clinics for adolescent: correlates of acceptance among parent ) Journal of community Health, Dicembre 2014

2. L. Mariani “L’infezione da HPV: dalla prevenzione all’overtreatment” Ginecologia Oncologica, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, Roma

3. National Institute Cancer, “Papilloma Virus umano: Intervista con il medico Douglas R.” (trad.mia da “Human Papillomavirus (HPV) Vaccines: An Interview with Douglas R. Lowy, M.D.”) 20 Novembre 2014

4. Mayumi Nakagawa, “Un vaccino terapeutico per l’HPV, fase prima dello studio clinico.” (trad.mia da “A Phase I Clinical Trial of an HPV Therapeutic Vaccine”, , Università dell’Arkansas degli Stati Uniti, 18 Settembre 2014

5. New England Journal of Medicine, “Il vaccino Gardasil 9 protegge contro altri tipi di HPV” (trad.mia da “Gardasil 9 Vaccine Protects against Additional HPV Types” 18) Febbraio 2015

6. http://www.cancer.gov

7. http://www.treccani.it/enciclopedia.it

8. Enciclopedia-della-Scienza-e-della-Tecnica di Giuseppe Del Giudice, Maria Lattanzi, Rino Rappuoli, “I Vaccini”, 2007