Pubblicato in: Sociologia della salute e della medicina

Autismo e Società.

Breve estratto della tesi di laurea magistrale “Prospettive sociologiche nei disturbi dello spettro autistico”

Tesi Prima classificata nel bando per tesi sulla disabilità della Sapienza Università di Roma(link)

Il flusso dominante di categorizzazioni e orientamenti intellettuali è evidente anche per quanto concerne la situazione europea; un nuovo linguaggio (come potrebbe essere quello espresso dalle classificazioni mediche) è presentato come il migliore ed efficace.

Come è stato possibile dimostrare nel testo qui presente infatti, il discorso sugli autismi, sulla sua diffusione nonché incidenza e sulle possibili cause, si genera dal territorio americano e questo campo si allarga e si diffonde a macchia d’olio negli altri paesi, tanto da poter leggere titoli su siti on line italiani in cui si parla di epidemia di autismo riferendosi all’Italia, quando poi in realtà i dati diffusi sono quelli di alcuni studi epidemiologici americani.

Ora considerare due territori diversi come fossero un unico, genera domande dalla difficile risposta. Forse si potrebbe rintracciare in questi comportamenti mediali il significato di pratiche sociali incorporate: la generazione di un discorso che da elemento particolare diventa universale è legata a quella subordinazione che lega il linguaggio e il discorso della scienza ad un imperialismo simbolico (Bordieu,2000).

Le parole flessibilità, mondializzazione, governance, inclusione ed esclusione, multiculturalismo e così via sono tutti termini usati dagli intellettuali europei per assimilarsi al pensiero degli scienziati americani, tanto da farle divenire una sorta di vocaboli globali, standardizzati e condivisi con un costrutto cognitivo comune.

Queste modalità di comunicazione con i summenzionati nuovi termini, in realtà occultano delle verità concettuali incancellabili quali il capitalismo, la classe, lo sfruttamento, il dominio l’inuguaglianza che sono eliminati dal linguaggio dell’opinione pubblica, in quanto considerati obsoleti. Questo imperialismo culturale, per definirlo secondo le teorie di Bourdieu (vedi nota 130 a piè pagina), attua una vera e propria violenza simbolica che presenta modi di pensare particolari come universali, validi per tutti.

La cosiddetta colonizzazione culturale degli Stati Uniti sull’ Italia, ad esempio, porta a perdere di vista quella che è la propria e specifica realtà sociale e culturale. Bisogna aprire una parentesi necessaria, ovvero riconoscere la facoltà di comprendere che il cosiddetto modello americano, da molti ambito e preso ad esempio, significa anche in parole povere: meno Stato e più mercato, smantellamento dello stato sociale, crescita basata sulla flessibilità del lavoro, centralità dell’impresa, salariato precario e insicurezza sociale, stato penale e medicalizzazione del disagio(Gousset,2011).

Le modalità di una cultura di concepire e trattare l’autismo rimanda parallelamente alla comprensione di intendere la salute di una nazione o di uno o più stati.

130 Interessante è il contributo del filosofo francese Pierre Bourdieu; negli anni settanta (del secolo scorso) egli descrive il campo come una rete di relazioni tra varie posizioni che determinano gli scambi di capitale all’interno della struttura sociale, (Bourdieu,1965) gli attori agiscono nei vari campi dalla matrice storica, ogni campo è diverso dall’altro e influenza quelli prossimi. “[…] In termini analitici, un campo può essere definito come una rete o una configurazione di relazioni oggettive tra posizioni. Queste posizioni sono definite oggettivamente nella loro esistenza e nei condizionamenti che impongono a chi le occupa, agenti o istituzioni, dalla loro situazione (situs) attuale e potenziale all’interno della struttura distributiva delle diverse specie di potere (o di capitale) il cui possesso governa l’accesso a profitti specifici in gioco nel campo, e contemporaneamente dalle relazioni oggettive che hanno con altre posizioni (dominio, subordinazione, omologia …)”. (Bourdieu,1992, 67) L’ analisi di ciò, per l’autore francese, è sì necessaria ad analizzare la struttura della distribuzione delle risorse che determina i comportamenti individuali e collettivi, ma esorta a concentrarsi sui flussi di informazioni e sui collegamenti tra agenti e istituzioni.