Pubblicato in: Arte e Cultura, Comunicazione e Società

Aprilia città solidale: un confronto pubblico sull’accoglienza in stile Riace.

COMUNICATO STAMPA

IL FORUM NUOVI CITTADINI dell’associazione di promozione sociale A.p.s. “FarereteOnlus” del Lazio – Federazione Di Enti Ed Organismi No Profit Fare Rete Per Il Valore Della Persona E Dell’impresa Sociale Onlus – organizza la Tavola Rotonda “DA APRILIA E DAL PONTINO UN PONTE PER RIACE. ACCOGLIERE, INTEGRARE ED INCLUDERE” che si terrà in Aprilia il giorno sabato 28 luglio alle ore 16,00, presso il Parco Falcone e Borsellino (ex Parco dei Mille), in occasione del Primo festival Internazionale della cultura araba e dell’integrazione.

 

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Aps. FarereteOnlus- Uniti nella diversità
  • ASSOCIAZIONE “AL MOUHAJER”
  • ASSOCIAZIONE “DIALOGO” E LE COMUNITA’ STRANIERE DI APRILIA DELL’INCUBATORE SOLIDALE IMMIGRAZIONE DEL COMUNE DI APRILIA
  • ASSOCIAZIONE ITALIA-CAMERUN “SAWA”
  • ASSOCIAZIONE “CAMROL” – CAMERUNESI DI ROMA LAZIO
  • ASSOCIAZIONE NAZIONALE “FORUM ITALO TUNISINO”
  • COORDINAMENTO “RETE SCUOLE MIGRANTI” DELLA PROVINCIA DI LATINA
  • COORDINAMENTO PONTINO “ANCESCAO”
  • “FORUM TERZO SETTORE” DELLA PROVINCIA DI LATINA

PARTECIPANO IN QUALITA’ DI RELATORI ED OSPITI:

  • DOMENICO RIZZUTI – FORUM ITALO TUNISINO E DELEGATO RECOSOL
  • GABRIELE GIANNINI – PRESIDENTE RETE CINEST E SEGRETARIO NAZIONALE CGIL SCUOLA UNIVERSITA’ E RICERCA
  • DON ALESSANDRO SAPUTO – VICARIO DEL VESCONO DIOCESI DI ALBANO
  • NICOLA TAVOLETTA – FORUM TERZO SETTORE PROVINCIA DI LATINA
  • DOTT.SSA EMILIA CIORRA – FORUM NUOVI CITTADINI DI APS FARERETEONLUS
  • DOTT.SSA FLAVIA ANASTASI E DR. SSA VALERIA LEVA – ASSOCIAZIONE DIALOGO ONLUS
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La Casa delle Culture di Dialogo Onlus
  • CLAUDIO CURZOLA – ASSOCIAZIONE PER IMMIGRATI DIALOGO E ASSOCIAZIONE ITALIA-CAMERUN SAWA
  • MANI NDONGBOU BERTRAND – PRESIDENTE COMUNITA’ CAMERUNENSE DI ROMA E DEL LAZIO
  • SIGN.RA FATMA BEN LALLA – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE DI IMMIGRATI AL MOUHAJER – IN QUALITA’ DI ORGANIZZATRICE DEL PRIMO FESTIVAL INTERNAZIONALE DELLA CULTURA ARABA E DELL’INTEGRAZIONE DELLA PROVINCIA DI LATINA
  • OPERATORI ED OSPITI DEI CENTRI DI ACCOGLIENZA DELLA COOPERATIVA SOCIALE KARIBU
  • VOLONTARI DEL COORDINAMENTO PONTINO DELLA RETE SCUOLE MIGRANTI

SONO STATE INVITATE LE RAPPRESENTANZE ISTITUZIONALI DEL COMUNE DI APRILIA, DELLA PROVINCIA DI LATINA ED IL MONDO ASSOCIATIVO LOCALE E PROVINCIALE. TUTTA LA CITTADINANZA E’ INVITATA A PARTECIPARE

L’iniziativa rientra nell’ambito delle manifestazioni organizzate per promuovere l’ “accoglienza diffusa”  sui nostri territori, ed in particolare il “modello Riace” del Sindaco Domenico Lucano ed è propedeutica all’evento nazionale “RIACE.UN SOGNO DIVENTATO REALTA’”,  con il sindaco DOMENICO LUCANO che si terrà Giovedì 13 settembre presso l’ Auditorium Centro Sperimentale di Cinematografia ROMA- CINECITTA (in attesa di conferma).

Emilia Ciorra Presidente di Farerete Onlus di Aprilia
La dott.ssa Emilia Ciorra, Presidente dell’Associazione di Promozione sociale FarereteOnlus del Lazio.

L’ Obiettivo della Tavola Rotonda è contribuire a sviluppare la Rete dell’associazionismo dell’Area Immigrazione ed Integrazione a livello provinciale e regionale e stimolare un dibattito serio e responsabile sui modelli di accoglienza e sul passaggio successivo dell’integrazione e dell’inclusione dei migranti, portando avanti le proposte di buona accoglienza cd. “accoglienza intelligente” come è il caso del Modello Riace del Sindaco Domenico Lucano  anche sui territori della nostra Provincia di Latina e del Lazio.

Lo stesso Papa Francesco ha richiesto più volte a chi ci governa per i migranti e rifugiati “una prima sistemazione adeguata e decorosa” nei programmi di accoglienza diffusa, per “facilitare l’incontro personale, permettere una migliore qualità dei servizi e offrire maggiori garanzie di successo”.

Nel 2016 il Papa In una lettera ha fatto i complimenti proprio al primo cittadino del piccolo paese della Locride, Domenico Lucano, che dà agli immigrati piccoli ed autonomi alloggi ristrutturati e fondi per aprire attività. Quello che per l’Italia è un caso isolato, per il Vaticano è un modello.

Nella missiva, breve e affettuosa, Papa Francesco si è rivolto al sindaco di Riace,  Lucano, per esprimere apprezzamento per il modello di accoglienza messo in piedi nel piccolo paese della Locride, rinato proprio grazie ai rifugiati. “Conosco le sue iniziative, lotte personali e sofferenze – scrive il Pontefice al sindaco – Le esprimo, perciò, la mia ammirazione e gratitudine per il suo operato intelligente e coraggioso a favore dei nostri fratelli e sorelle rifugiati”.

Primo comune italiano in cui i migranti non vengano reclusi in centri di accoglienza, ma accolti in vere e proprie case che vengono loro affidate, Riace è rifiorito proprio grazie all’arrivo dei profughi sbarcati sulle coste calabresi. Svuotato dall’emigrazione, il piccolo centro della Locride è stato ripopolato dai migranti alloggiati nelle vecchie case del paese, nel corso del tempo utilizzate anche per ospitare le botteghe artigiane, rinate proprio grazie ai profughi che hanno ripreso in mano le attività tradizionali.

Un “miracolo” possibile grazie ad una diversa gestione dei finanziamenti previsti per l’accoglienza, usati – ha spiegato spesso il sindaco Lucano – “per integrare e non per dividere”. I 30 euro giornalieri stanziati in tutta Italia per ogni rifugiato, non vengono dispersi ma centralizzati dall’amministrazione, che li usa per ristrutturare le vecchie case del paese, avviare attività che poi sono i migranti a portare avanti, mettere in piedi progetti. Per non far inciampare il sistema nei ritardi con cui i fondi vengono materialmente trasferiti, a Riace circolano dei bonus – con su la faccia di Che Guevara, Martin Luther King, Peppino Impastato – che permettono ai rifugiati di fare acquisti in paese.

Un circuito virtuoso che ha permesso anche ai calabresi rimasti in paese di non fare le valigie. E non solo perché il Comune ha assunto mediatori culturali, che in alternativa avrebbero dovuto cercare fortuna altrove. Grazie ad una popolazione in continua crescita bar, panetterie, botteghe e persino la scuola elementare e l’asilo non hanno chiuso i battenti.

Alla Santa Sede, l’esperimento è piaciuto tanto da invitare il suo “ideologo” Lucano al summit europeo che, su iniziativa di Papa Francesco, si è tenuto il 9 e il 10 dicembre a Città del Vaticano, per mettere a confronto le buone pratiche messe in atto nel mondo a favore di rifugiati e sans papier.

Un appuntamento conclusosi con il progetto di creare una rete mondiale di sindaci impegnati in un modello diverso di accoglienza e che si sostengano l’un l’altro, con l’appoggio del Vaticano.

Così, mentre il Viminale fa le pulci al modello Riace, con ispezioni a sorpresa e contestazioni su presunte incongruenze fra le carte dei progetti, dal pontefice arriva una proposta chiara “Le porte della mia casa saranno sempre aperte per lei e per questa nuova rete”, ha scritto Papa Francesco al sindaco.

Il presidente

Dr. Ssa Emilia Ciorra – cell. 3384054597

APS FARERETEONLUS

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Pubblicato in: Sociologia della salute e della medicina

Autismo e Società.

Breve estratto della tesi di laurea magistrale “Prospettive sociologiche nei disturbi dello spettro autistico”

Tesi Prima classificata nel bando per tesi sulla disabilità della Sapienza Università di Roma(link)

Il flusso dominante di categorizzazioni e orientamenti intellettuali è evidente anche per quanto concerne la situazione europea; un nuovo linguaggio (come potrebbe essere quello espresso dalle classificazioni mediche) è presentato come il migliore ed efficace.

Come è stato possibile dimostrare nel testo qui presente infatti, il discorso sugli autismi, sulla sua diffusione nonché incidenza e sulle possibili cause, si genera dal territorio americano e questo campo si allarga e si diffonde a macchia d’olio negli altri paesi, tanto da poter leggere titoli su siti on line italiani in cui si parla di epidemia di autismo riferendosi all’Italia, quando poi in realtà i dati diffusi sono quelli di alcuni studi epidemiologici americani.

Ora considerare due territori diversi come fossero un unico, genera domande dalla difficile risposta. Forse si potrebbe rintracciare in questi comportamenti mediali il significato di pratiche sociali incorporate: la generazione di un discorso che da elemento particolare diventa universale è legata a quella subordinazione che lega il linguaggio e il discorso della scienza ad un imperialismo simbolico (Bordieu,2000).

Le parole flessibilità, mondializzazione, governance, inclusione ed esclusione, multiculturalismo e così via sono tutti termini usati dagli intellettuali europei per assimilarsi al pensiero degli scienziati americani, tanto da farle divenire una sorta di vocaboli globali, standardizzati e condivisi con un costrutto cognitivo comune.

Queste modalità di comunicazione con i summenzionati nuovi termini, in realtà occultano delle verità concettuali incancellabili quali il capitalismo, la classe, lo sfruttamento, il dominio l’inuguaglianza che sono eliminati dal linguaggio dell’opinione pubblica, in quanto considerati obsoleti. Questo imperialismo culturale, per definirlo secondo le teorie di Bourdieu (vedi nota 130 a piè pagina), attua una vera e propria violenza simbolica che presenta modi di pensare particolari come universali, validi per tutti.

La cosiddetta colonizzazione culturale degli Stati Uniti sull’ Italia, ad esempio, porta a perdere di vista quella che è la propria e specifica realtà sociale e culturale. Bisogna aprire una parentesi necessaria, ovvero riconoscere la facoltà di comprendere che il cosiddetto modello americano, da molti ambito e preso ad esempio, significa anche in parole povere: meno Stato e più mercato, smantellamento dello stato sociale, crescita basata sulla flessibilità del lavoro, centralità dell’impresa, salariato precario e insicurezza sociale, stato penale e medicalizzazione del disagio(Gousset,2011).

Le modalità di una cultura di concepire e trattare l’autismo rimanda parallelamente alla comprensione di intendere la salute di una nazione o di uno o più stati.

130 Interessante è il contributo del filosofo francese Pierre Bourdieu; negli anni settanta (del secolo scorso) egli descrive il campo come una rete di relazioni tra varie posizioni che determinano gli scambi di capitale all’interno della struttura sociale, (Bourdieu,1965) gli attori agiscono nei vari campi dalla matrice storica, ogni campo è diverso dall’altro e influenza quelli prossimi. “[…] In termini analitici, un campo può essere definito come una rete o una configurazione di relazioni oggettive tra posizioni. Queste posizioni sono definite oggettivamente nella loro esistenza e nei condizionamenti che impongono a chi le occupa, agenti o istituzioni, dalla loro situazione (situs) attuale e potenziale all’interno della struttura distributiva delle diverse specie di potere (o di capitale) il cui possesso governa l’accesso a profitti specifici in gioco nel campo, e contemporaneamente dalle relazioni oggettive che hanno con altre posizioni (dominio, subordinazione, omologia …)”. (Bourdieu,1992, 67) L’ analisi di ciò, per l’autore francese, è sì necessaria ad analizzare la struttura della distribuzione delle risorse che determina i comportamenti individuali e collettivi, ma esorta a concentrarsi sui flussi di informazioni e sui collegamenti tra agenti e istituzioni.

Pubblicato in: Cinema

Il Sangue dei vinti:quel che resta di una sconfitta.

La cinematografia internazionale ha da sempre mostrato all’immaginario collettivo dei sui fruitori la crudeltà,la bestialità e le efferatezze compiute dal Terzo Reich durante la Seconda Guerra Mondiale. I mass media, nazionali e internazionali, hanno contribuito a formare una rappresentazione dell’ideologia nazista e delle azioni da questa perpetrate in nome della razza ariana, che ben si presta a provocare sentimenti di sdegno, biasimo, disprezzo e condanna morale nella collettività democratica . Lo scenario di “Land of mine-Sotto la sabbia” (2015)in cui si inserisce l’opera cinematografica danese-tedesca di Martin Zandvliet è quanto mai attuale, dato che le guerre, nel mondo, non sono mai terminate. Mutano gli attori, i teatri di guerra, le alleanze, le motivazioni, ma l’idea della pace come ultimo obiettivo dell’umanità rimane, purtroppo un’utopica convinzione. La circolarità con cui guerra e pace si alternano nella storia dell’umanità somigliano ad un binomio imprescindibile, per cui, l’esistenza di una si collega inevitabilmente all’altra, non esiste pace senza guerra e viceversa.

La Danimarca sul finire del 1945: la resa della Germania, un gruppo di adolescenti tedeschi, ultimi soldati del Reich, sono utilizzati dai militari danesi per togliere le mine antiuomo sulla costa danese, piazzate precedentemente dai tedeschi nella Danimarca occupata, nell’ipotesi di uno sbarco angloamericano in quel territorio.

Lunghe distese di spiaggia bianca, infinito cielo soleggiato e profondità delle acque marine stridono con le urla, le umiliazioni cui sono sottoposti i soldati, una velata e nascosta condanna a morte: questo lo sfondo dell’intera narrazione del film danese-tedesco.

Il punto di vista consueto è capovolto dal regista: il fattore umano è il vero protagonista della pellicola, in primo piano l’atrocità della guerra, e in risalto l’ingiustizia subita dai carnefici( i tedeschi) che diventano, in tale circostanza storica, vittime.

Per gli errori di una Nazione pagheranno loro, gli ultimi, soldati tedeschi dai 16 anni in su, che saranno il bersaglio per le atrocità commesse dalla Germania nello scenario di guerra dagli anni ’40. Questo gruppo di soldati è ritratto enfatizzando la giovane età, l’immaturità e la fragilità dal punto di vista umano, essi stessi vittime del regime e della propaganda della Germania nazista. Il focus del prodotto cinematografico è sull’essere umano in quanto persona, risalta e stimola alla riflessione quel microcosmo della soggettività del singolo di fronte agli eventi della Storia, implacabili o eroici che essi siano.

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Il sergente danese Rasmussen, uomo maturo e avvezzo alle vicessitudini della guerra, è alla guida del gruppo, oltre due milioni di mine attendono i soldati tedeschi sulla costa danese; senza cadere in uno scontato sentimentalismo e buonismo in stile fiaba o favola per bambini, l’autore riesce a tratteggiare nell’attore sentimenti quali l’empatia, la comprensione, e l’umanità di questo personaggio, che pur rimanendo sempre dalla parte dei “vincitori” regala un briciolo di umanità a quelli che sono i suoi nemici: un gruppo di giovani che al primo brillare di una mina, piangono, chiamano la mamma e cercano la loro casa in Germania.

Nel rapporto tra prigionieri e sergente si alternano situazioni di disprezzo e bestialità alimentati dall’odio verso i tedeschi, alternati all’emergere di una sorta di “sentimento paterno” per quelli, che quando torneranno a casa( l’elemento principale per qualsiasi soldato in guerra, il ritorno alla madrepatria) troveranno una terra, una nazione e un’idea di patria che non esiste più, spazzata via dalle note vicende belliche che hanno dominato il corso della Storia.